«Questo è il Nimrodel!», disse Legolas. «Su questo fiume gli
Elfi Silvani composero molte canzoni tanto tempo fa, e noi del
Nord le cantiamo tuttora, memori dell'arcobaleno sulle cascate, e dei
fiori d'oro galleggianti sulla sua schiuma. Tutto è oscuro ormai, e il
Ponte sul Nimrodel è crollato. Immergerò i miei piedi nelle acque,
che pare guariscano dalla fatica». Avanzò, e dopo aver disceso il ripido
argine fece un passo nel torrente.
«Seguitemi!», gridò. «L'acqua non è profonda. Proviamo a guadarla!
Sull'altra sponda potremo riposare, ed il rumore dell'acqua che
cade ci porterà forse il sonno, e l'oblio dei dispiaceri».
Uno dopo l'altro discesero l'argine e seguirono Legolas. Frodo
rimase un istante fermo sul bordo, lasciando che l'acqua gli lambisse
i piedi stanchi. Era fredda, ma pulita al tatto, e man mano che
egli avanzava, sentiva che ogni macchia del viaggio ed ogni ombra
di fatica svaniva dalle sue membra, lavate dalle acque che gli arrivavano
al ginocchio.
Quando furono tutti sull'altra riva, si sedettero e riposarono e
si rifocillarono; Legolas narrò loro le storie di Lothlórien che gli
Elfi del Bosco Atro custodiscono ancora nel loro cuore: storie di
sole e di stelle sui prati lungo il Grande Fiume prima che il mondo
divenisse grigio.
Infine cadde il silenzio, ed essi udirono la musica della cascata
che scorreva dolcemente nelle ombre. A Frodo parve quasi di percepire
un canto confuso con il suono dell'acqua.
«Udite la voce di Nimrodel?», domandò Legolas. «Vi canterò
la storia di madamigella Nimrodel, che si chiamava come il fiume accanto al quale viveva tanto tempo fa. E' un grazioso canto nella
nostra lingua silvestre; ma io ve lo farò ascoltare nel Linguaggio
dell'Ovest (Ovestron), come alcuni lo cantano ancora a Gran Burrone».
Con una voce dolce e così fioca che quasi scompariva nel
fruscio delle foglie sulle loro teste, intonò:
Elfica fanciulla d'un tempo passato,
Stella che brilla al vento,
Bianco il suo mantello e d'oro bordato
E le scarpe grigio argento.
Una stella sulla sua fronte,
Una luce sui suoi capelli,
Il sole brilla tra le fronde
A Lórien dei giorni belli.
Lunghi i capelli, bianca la pelle, chiara la voce
Della libera fanciulla volante
Nell'aria e nel vento come luce veloce,
Come sul tiglio foglia vibrante.
Nel Nimrodel fra le cascate
Dalle acque chiare e spumeggianti
La sua voce come gocce argentate
Squillava tra i flutti scintillanti
Nessuno sa per quali alti valichi
Se all'ombra o al sole ella errando vada,
Perché Nimrodel smarrita in tempi antichi
E persa fu nei monti e nella rugiada.
Nei rifugi oscuri la elfica nave,
Sotto il riparo del monte,
Da giorni e giorni l'aspettava
Nelle ruggenti acque profonde.
Un vento al Nord si levò di notte,
Ululava e gemea,
E trascinò via dai porti le navi a frotte
Nella potente marea.
Pallida venne l'alba e le terre fuggivano.
Grigio svaniva il monte
Oltre le grandi onde che violente muggivano
E spumeggiavano sino all'orizzonte.
Lothlórien
Amroth le spiagge ed i lidi mirava
Oltre l'onda sollevata,
Odiando la nave infida che l'allontanava
Da Nimrodel la sua adorata.
Egli Re Elfico anticamente era,
Signore d'albero e di radura,
Quando d'oro brillavano i rami in primavera
A Lothlórien la pura.
Lo videro balzare dal timone nel mare
Come la freccia dalla corda tesa,
E nelle acque profonde nuotare
Come il gabbiano sull'onda protesa.
Il vento impetuoso nel fluente capello,
La schiuma lo avvolgeva tutto,
Lungi lo videro possente e bello
Attraversare il flutto.
Ma da ovest non è giunto messaggio
E sul Vicino Lido incantato
Gli Elfi nulla sanno del viaggio
Di Amroth loro re adorato.
La voce di Legolas tremò e la canzone finì. «Non posso continuare»,
disse. «Ciò che vi ho cantato non è che una parte, ed il
resto più non lo ricordo. Lunga e triste è la storia, che narra come
la sventura si abbattè su Lothlórien, Lórien dei Bocciuoli, quando
i Nani destarono il male nelle montagne».
«Ma i Nani non crearono il male», ribatté Gimli.
«Non li ho incolpati di ciò; eppure il male venne», rispose accorato
Legolas. «Ed allora molti Elfi della stirpe di Nimrodel
abbandonarono le loro dimore e partirono, e Nimrodel si smarrì lontano,
a sud, nei valichi dei Monti Bianchi; e non giunse alla nave
ove Amroth, l' amato, l'attendeva. Ma durante la primavera, quando
il vento fruscia fra le foglie novelle, si ode ancora l'eco della sua
voce presso le cascate che portano il suo nome. E quando il vento
tira al Sud, la voce di Amroth giunge dal mare; il Nimrodel si
getta nell'Argentaroggia, che gli Elfi chiamano Celebrant, e il Celebrant
a sua volta nel Grande Anduin, il quale sbocca nella Baia
di Belfalas donde gli Elfi di Lórien salparono. Ma Nimrodel ed
Amroth non tornarono mai più a Lórien.
«Si narra che ella si facesse costruire una dimora fra i rami di
un albero che cresceva nei pressi delle cascate; tale era infatti la
consuetudine degli Elfi di Lórien, e forse ancora adesso essi vivono
sugli alberi. Per codesta ragione venivano chiamati i Galadhrim,
la Gente degli Alberi. Nel profondo della loro foresta gli alberi
sono molto grandi. I popoli silvani non scavavano la terra come i
Nani, e non costruivano baluardi prima che venisse l'Ombra».
Tratto da "La Compagnia dell'anello" di J.R.R Tolkien